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Scritti di Massimo Minini

Esce il volume Scritti di Massimo Minini edito da Silvana Editoriale.

Questo libro tenta di mettere disordine in tutto quest’ordine. Ordine dunque e disordine che fonda un nuovo ordine e così via. Ci sono argomenti seri trattati con leggerezza e il contrario, come in una doccia scozzese. Sono riuscito a trovare quasi tutti i testi che volevo salvare dall’oblio e li ho messi in ordine (o in disordine?). Ho molto citato, e continuo a farlo, Alighiero ma anche Boetti, nel tentativo di far sopravvivere una seppur pallida memoria indiretta di alcuni avvenimenti della mia vita che possono aver incrociato destini più alti. – Massimo Minini

La copertina, disegnata da Daniel Buren, è disponibile in 4 diversi colori. Il volume è attualmente disponibile per la vendita online nella sola versione con la copertina bianco-verde, le altre versioni del volume saranno disponibili per l’acquisto a breve.

Pubblichiamo un estratto dedicato a Letizia Cariello, dalla sezione Amici miei nella quale il gallerista racconta del mondo conosciuto lungo il suo viaggio.

PER LETIZIA CARIELLO
(E PIOVVE DENTRO A L’ALTA FANTASIA)

Citazione di una citazione da Italo Calvino. Il nostro eroe così dice in una delle Lezioni americane, le Charles Eliot Norton Poetry Lectures, che aveva intitolato “Memo for the next millennium”. E noi nel next millennium ci siamo dentro fino al collo, incredibile.
Nel canto XVII del Purgatorio Dante vede formarsi nella propria mente una serie di visioni straordinarie e inattese; il Poeta che lo accompagna, e che capisce, spiega che Dio in persona crea quelle visioni e le mette nel suo intelletto. Quindi la fantasia è un luogo dove ci piove dentro. Non ci piove: ci piove davvero. La pioggia irriga, fa crescere: l’acqua è vita. E le immagini che Dio faceva nascere nella mente di Dante, Cariello le fa germinare, con Letizia, insieme alle nostre, mentre cerchiamo di capire il suo lavoro qui davanti a noi.
Capire cosa? Ad esempio, cosa vogliono fare questi strumenti musicali rotti e riportati a nuova vita (e valore) del semplice tocco, dalla volontà dell’artista di sottrarli all’Ade delle discariche e dei robivecchi. Strumenti incidentati, assicurati, pagati, abbandonati, trovano, grazie a un tocco da Re Mida, un nuovo valore. L’artista ha questa dote: trasformare in oro ciò che tocca. E una volta riportati in vita, a cosa servono gli strumenti? Ma a nulla. Non servono, e proprio per questo sono arte, poiché l’arte è la
quintessenza dell’inutilità. L’arte è inutile come il gioco. A cosa serve giocare? A giocare! Come dire che non serve ad altro. Ma giocare fa bene ai muscoli, alle gambe, alla testa: fa bene a tutto, proprio come l’arte. E la fantasia è leggera come una farfalla, non bisogna affaticarsi a cercarla, la si deve vedere in superficie.
Hugo von Hofmannsthal diceva che la profondità va nascosta. Dove? In superficie! Un po’ come alla dogana (visto che siamo in Svizzera). Se hai qualcosa da non dichiarare mettilo sul cruscotto: se lo beccano puoi sempre dire che non sapevi, non volevi, tant’è vero che lo hai messo in evidenza.
Ora veniamo a noi: questi strumenti che girano e ci rimandano il suono del cosmo sono l’equivalente moderno di un giudizio universale nella pittura antica. Perché oggi non si dipingono più grandi battaglie e giudizi universali? Ma perché oggi non abbiamo più certezze come l’uomo antico. Più conosciamo, più ci rendiamo conto di non sapere, e quindi partiamo dalla goccia d’acqua per capire come è fatto l’universo là fuori.
La lettura di un’opera, come stiamo tentando di fare ora, aggiunge significati, sovente inattesi anche all’autore. Quali significati potreste aggiungere alle mie inadeguate spiegazioni? Questi strumenti persi e ritrovati, tagliati a metà dal caso, sono dunque divenuti metà-fisici solo per questo incidente? Fossero rimasti sani, nessuno li avrebbe guardati, al massimo ascoltati quella rara volta che, estratti dai foderi, impugnati da abili mani, avessero emesso suoni.
Ma Io strumento suona ogni tanto, mentre lo strumento divenuto opera d’arte è visibile sempre, giorno e notte, anche se non emette suoni; anzi, ora è finalmente se stesso, forse un po’ ammaccato, ma finalmente libero da impegni sonori che prima lo costringevano a lunghe sedute di accordatura, come una signora che si prepari per la prima della Scala.
Potremmo quasi azzardare che qui significante e significato sono molto vicini, se non sovrapposti. Siccome il significante è lo strumento in sé, l’oggetto che vediamo, e il significato è normalmente la musica emessa, ecco che un violino ridotto al silenzio, zittito dal caso, non emettendo più suono, non sa cosa gli resta da trasmetterci.
La propria imagine muta, orba della musica, qui sostituita da un rumore di fondo, sordo, continuo, come
un meccanico canto gregoriano.
Lugano, ottobre 2016

Carillon