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#OPERA

#OPERA un progetto che nasce dall’incontro fra STRATO e Letizia Cariello e dall’innamoramento reciproco delle rispettive ricerche.

#OPERA si basa sul rispetto dell’unicità di linguaggi e identità dei due fondatori del progetto che sono: il disegno architettonico di pezzi unici che oltrepassano la loro funzione e diventano elementi scultorei tramite la continua ricerca da parte di Strato, e l’ispirazione che guida e sorregge la ricerca artistica concettuale di Letizia Cariello, intorno alla relazione tra spazio interno e spazio esterno e alla ricucitura di unità perduta.

#OPERA è una idea unica e assolutamente nuova nel panorama del contemporaneo perché si basa sui semplici cardini dell’unicità e della purezza: Cariello e Strato hanno deciso di unire le loro identità creative ma non hanno lo scopo di creare degli “ibridi arte/architettura”, al contrario il loro scopo è quello di mantenere un perfetto equilibrio fra l’apporto della progettazione architettonica e quello della mano dell’artista.

#OPERA è un lavoro a quattro mani che conserva e preserva nella loro riconoscibilità i singoli contributi creativi senza soffrire per questo di nessun limite imposto all’azione dei due attori del progetto. In un momento storico in cui sempre più spesso si assiste alla ricerca di sconfinamenti come soluzione al bisogno di novità, nelle opere #OPERA il confine viene mostrato e rispettato senza che agisca come costrizione o limite, anzi come orizzonte.

#OPERA risponde ad azioni uniche e necessarie riuscendo a costruire anche in un procedimento contaminato una serie di opere uniche funzionali e cariche di poesia che portano nelle azioni fondamentali del vivere quelle dimensioni che erano state confinate ai luoghi della socialità formalizzata.

#OPERA si riallaccia alle questioni che in tempo di crisi e di domande epocali davanti ad un mondo in trasformazione, erano state poste dai protagonisti della Bauhaus con coraggio, umiltà, generosità ed amore.


Il progetto di STRATO e Letizia Cariello si inserisce in una lunga tradizione artistica che trova il suo culmine nella Milano della metà del ‘900. Mentre la collaborazione con gli architetti fu prassi corrente per Fausto Melotti, coinvolto da Figini e Pollini nella decorazione del bar Craja, manifesto del razionalismo italiano, quella di Lucio Fontana con architetti e studi italiani più importanti dell’epoca (Gio Ponti, Piero Portaluppi, Carlo Scarpa, lo studio BBPR, Figini e Pollini, Marco Zanuso, Luciano Baldessari, Nanda Vigo, Vittorio Gregotti e GPA Monti), dimostra come egli fosse particolarmente interessato al rapporto tra spazio, opera e visitatore.

Queste e altre contaminazioni condussero inevitabilmente a una visione architettonica come punto di confluenza per le sperimentazioni artistiche. Milano divenne, negli anni ’40 e ’50, per architetti e artisti, la città dove poter sperimentare una nuova concezione dei rapporti fra le arti e un ampliamento dell’azione dell’artista nel campo della grafica, del design, dell’architettura.

Carlo Perogalli, a tal proposito, ha scritto: «Architettura, pittura, scultura concorrono alla ricerca d’un punto d’incontro in cui esse possano coesistere non più accostate, ma intimamente fuse in opera unitaria».